|
L'assistenza domiciliare al malato di AIDS
(medici infettivologi dell'ospedale Sacco)
Dr.AgostinoZambelli
|
|
Nelle fasi avanzate dell' Infezione da HIV, i pazienti vanno incontro ad infezioni opportuniste, neoplasie e malattie degenerative che determinano uno scadimento progressivo delle condizioni psico fisiche e conducono ad una medicalizzazione progressiva, spesso con ricoveri ospedalieri ripetuti durante gli episodi acuti. Nelle fasi terminali della malattia, quando non è più necessaria l'ospedalizzazione, si rende indispensabile la messa in atto di altre modalità di presa in carico socio sanitaria del paziente, quali: L'Assistenza Domiciliare (AD), la Comunità per malati di AIDS e l'Hospice. Dei tre tipi di presa in carico, L'AD è sicuramente la più comune, pure se realizzata con diverse modalità, da diversi enti erogatori e con differenti livelli di assistenza. L'AD permette al paziente di essere seguito presso il suo domicilio, con miglioramento della qualità di vita rispetto all'Ospedale, in quanto si ritrova nel suo ambiente domestico, circondato dall'affetto e dall' assistenza dei propri cari e non in un ambiente asettico quale la stanza ospedaliera. Questo miglioramento della qualità di vita è sicuramente associato alla diminuita medicalizzazione che si realizza a domicilio, pur lasciando in atto tutte le terapie necessarie a curare le manifestazioni acute ed i sintomi del paziente terminale. La presa in carico del malato terminale di AIDS in AD richiede la presenza di un' équipe multidisciplinare, che comprende medico infettivologo ospedaliero, medico di base, psicologo, assistente sociale, infermieri professionali, operatori sociosanitari, e volontari, ai quali si aggiungono altri specialisti, dietologi, fisiatri, fisioterapisti, in caso di necessità. L'équipe multidisciplinare è necessaria per poter affrontare con competenza gli eventi acuti del paziente, le problematiche sociali del paziente e della famiglia, nonchè per fornire l'aiuto psicologico e la presenza di persone non professionali (volontari) a conoscenza delle problematiche della malattia ed in grado di fornire una corretta relazione d'aiuto. Purtroppo 1'AD al malato di AIDS pone una serie di problemi di non facile soluzione, che riguardano il numero sempre crescente di pazienti ed il conseguente costo assistenziale, la selezione dei pazienti, la standardizzazione degli interventi sociosanitari, la presenza sul territorio di personale infermieristico e medico qualificato, la messa a punto di protocolli diagnostico terapeutici ragionati per il trattamento degli eventi acuti, il reperimento di farmaci per uso ospedaliero. Le terapie antiretrovirali ed i trattamenti specifici delle manifestazioni infettive e neoplastiche HIV correlate, hanno prolungato la sopravvivenza dei pazienti, ma hanno anche fatto aumentare il numero di pazienti in fase avanzata, che necessitano di AD. A fronte dell'aumento numerico dei pazienti, la selezione dei pazienti da seguire in AD diventa quindi fondamentale per evitare il lievitamento eccessivo dei costi. I pazienti devono essere selezionati accuratamente in base alle manifestazioni cliniche, al grado di assistenza che necessitano, alla presenza del servizio di AD nella USL di appartenenza, alla presenza di familiari di riferimento in grado di assisterli, alla idoneità della abitazione. Possono essere ammessi alla AD pazienti terminali che non necessitano di ulteriore ricovero, con incapacità ad avvalersi del servizio ambulatoriale e di day hospital (ridotta autonomia funzionale,diffilcoltà territoriali, ecc.), con AIDS dementia complex, con paresi stabilizzate, pazienti con problemi sociali (arresti domiciliari, madri di bambini sotto l'anno di età, ecc.). In particolare non possono essere ammessi pazienti con infezione tubercolare bacillifera in atto, pazienti senza familiari di riferimento, senza una situazione abitativa adeguata. La standardizzazione degli interventi sanitari nella AD al pziente HIV positivo è di difficile attuazione in quanto tale servizio non è ancora stato messo in atto da tutte le USL e, nelle USL dove è già stata attivata le differenze sono notevoli. Pure se la legge 135 del 1990 prevedeva l'AD da parte delle USL, solo negli ultimi anni tale servizio è stato progressivamente attivato. In precedenza era svolto da Associazioni di volontariato che operano nel campo AIDS. In alcune USL l'AD al malato di AIDS è stata affidata alla gestione dei Servizi di Tossicodipendenza per affinità (essendo spesso tali pazienti tossicodipendenti), mentre in altre è stata affidata ai Distretti, mediante l'Assistenza Domiciliare Integrata, già presente per altre patologie. Entrambe le scelte presentano pregi e difetti; infatti mentre gli operatori sanitari del SERT sono più preparati a seguire i pazienti HIV positivi, non hanno in genere esperienza di malati terminali al domicilio; viceversa il personale dei distretti, abituato a seguire altri pazienti terminali a domicilio, ha difficoltà a curare i malati di AIDS. Infatti, i malati di AIDS terminali, comportano una serie di problematiche infettivologiche, di cure palliative e di igiene di non facile soluzione. Sono quindi necessari corsi di aggiornamento teorico e pratico per il personale sanitario operante sul territorio, da effettuarsi presso centri specialistici e la consulenza infettivologica dei medici ospedalieri, da effettuarsi sul territorio. I pazienti affetti da AIDS in fase terminale hanno spesso manifestazioni acute che, a domicilio, richiedono di essere trattate mediante terapie ragionate, spesso in assenza di ausilii diagnostici richiedendo per lo più un'elevata competenza e conoscenza dei problemi connessi all'AIDS. Un altro problema da affrontare nell'assistenza domiciliare è quello della reperibilità dei farmaci di uso ospedaliero (generalmente antibiotici, antivirali, fattori di crescita cellulare), che sono frequentemente usati anche nelle fasi terminali dell'AIDS. Tali farmaci sono necessari in quanto spesso sono i soli in grado di mantenere sotto controllo i sintomi, determinati da malattie infettive specifiche. La fornitura di tali farmaci dovrà avvenire ad opera delle USL oppure occorrerà prevedere convenzioni ad hoc tra ospedali che hanno reparti di Malattie Infettive ed USL stesse. Sempre attraverso il meccanismo della convenzione, si potrebbe provvedere alla formazione teorica e pratica del personale che opera nell'assistenza domiciliare. Un'ulteriore problema è quello riguardante la corretta informazione e formazione dei familiari circa l'AIDS ed il loro supporto psicologico e sociale. Infatti l'AIDS, malattia infettiva con risvolti epidemiologici e sociali pesanti, in quanto chiama spesso in causa comportamenti a rischio, legati alla trasmissione sessuale ed alla tossicomania, induce tuttora paure e conseguente emarginazione, sia da parte dei familiari nei confronti del pazienti, sia da parte dei vicini e della popolazione circostante nei confronti dei familiari. L'aiuto dato ai familiari dall' équipe della AD diventa quindi fondamentale nel fornire tutte le conoscenze necessarie per la gestione del paziente nonchè per affrontare le paure che un malato terminale infettivo determina in chi lo circonda. A tale scopo, i volontari ricoprono un ruolo importante, in quanto figure non professionali nè istituzionali, che rimangono parecchio tempo al domicilio del paziente. Essi possono così trasferire le loro conoscenze ai familiari e cercare di instaurare un clima di giusta partecipazione agli eventi clinici del malato, culminanti nella gestione del decesso e nell'elaborazione del lutto.
|
|